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Castagno

Progetto castagneti degradati

Il castagno (Castanea sativa Mill.) è considerato una specie multifunzionale non solo perché fin dal passato è stato fonte di cibo, energia e materia prima per costruzioni, attrezzi e paleria per le popolazioni delle aree montane e collinari, ma anche per tutte quelle funzioni di ricaduta non strettamente economica; è infatti un elemento del paesaggio unico capace non solo di dare stabilità ai versanti, ma anche di creare ambienti con una spiccata valenza ricreativa e culturale, ed è fonte di biodiversità.

Nell’ultimo decennio in Italia l’interesse per la castanicoltura e per le risorse genetiche localmente ancora presenti sul territorio è andato via via crescendo. Nel corso della storia, nelle aree montane e pedemontane, i castanicoltori hanno selezionato dalle popolazioni di castagno selvatico gli ecotipi che dimostravano maggiore adattabilità all’ambiente e resistenza alle avversità e, allo stesso tempo, producevano semi dalle particolari caratteristiche alimentari. La diffusione di importanti avversità fitopatologiche quali il cancro corticale [da Cryphonectria parasitica (Murrill) M.E. Barr] e il mal dell’inchiostro [da Phytophthora cambivora (Petri) Buisman e P. cinnamomi Rands] ha comunque progressivamente ridotto l’importanza della specie e rallentato le attività di selezione.

Questa evoluzione si è verificata anche nel territorio della Regione Lombardia che presenta aree, un tempo frutteti ed oggi boschive, ancora ricche di esemplari di castagno talvolta secolari. Recentemente, proprio in questi territori fenomeni di degrado delle aree castanicole, principalmente dovute a cancro corticale, sono stati segnalati e stanno assumendo dimensioni sempre più preoccupanti tali da pregiudicare la coltura del castagno in aree ad essa vocate.

Obiettivo di questo progetto, svolto su committenza del Comune di Corna Imagna (BG), è condurre un’indagine sulla popolazione di C. parasitica e sulla frequenza dell’ipovirulenza esclusiva nei castagneti presenti sul territorio comunale. Fine ultimo dell’indagine sarà la selezione di ceppi ipovirulenti locali per la futura programmazione di un intervento di lotta biologica per il contenimento delle infezioni e dei danni da C. parasitica.

 

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